Come valutare gli ancoraggi a zavorra e 4 modelli che puoi trovare utili alla tua tipologia di lavoro
Gli ancoraggi a corpo morto sono detti anche punti di ancoraggio a zavorra o, meno comunemente, ancore da tetto.
Rispondo alla normativa EN 795 Tipo E.
Sono quindi dei Dispositivi di Protezione Individuale contro le cadute dall’alto e come tali sono:
- utilizzabili da una persona sola alla volta;
- da installare prima dell’utilizzo e da rimuovere subito dopo (poi sul proprio tetto ognuno può decidere se lasciarlo lì ma…);
- si utilizzano solo con DPI anticaduta approvati dal costruttore (imbracature, cordini e/o retrattili, connettori);
- vanno ispezionati ogni 12 mesi;
- impiegabili solo dopo aver verificato l’impossibilità di utilizzare altri sistemi di protezione collettiva.
Possono essere un’ottima soluzione per creare un sistema anticaduta (a caduta impedita o ad arresto caduta) per interventi rapidi laddove non esiste un sistema permanente o non si possono impiegare fissaggi meccanici.
Come sono costruiti e testati gli ancoraggi a corpo morto.
Possono essere un’ottima soluzione ma solo se ci sono certe condizioni che potrebbero non essere così facilmente replicabili su tutti i tetti e piani di lavoro in quota, soprattutto nelle architetture tipiche italiane.
Ma andiamo per gradi: in base alla UNI EN 795, gli ancoraggi a corpo morto Tipo E devono essere testati sia a forze dinamiche che statiche.
La prova dinamica consiste nel collegare il punto di ancoraggio ad un cordino rigido di 2 mt, alla cui altra estremità vi è una massa di test di 100 kg.
Si solleva la massa di 100 chili fino a che il cordino lo consente e poi si lascia cadere.
Il dispositivo deve rimanere integro e solidale (anche se può deformarsi) mentre il cordino deve rimanere attaccato con tutti i 100 kg di massa test.
Dopodiché si misura:
- quanti kN di picco arrivano al punto di ancoraggio (che può essere anche deformabile o ammortizzato);
- la misura di deflessioni o deformazioni (ad esempio allungamento dell’anello di ancoraggio);
- di quanti centimetri si sposta.
Poi si applica un ulteriore carico di 300 kg per 3 minuti e si vede se si muove.

Immagine tratta dal manuale del Mobifor di Tractel che mostra come debba essere considerata la distanza dai bordi per il piazzamento del disppsitovo e cosa significa “spostamento” a seguito di una caduta
La prova statica consiste nell’applicare un carico di 12 kN per 3 minuti; 18 kN se il materiale della struttura portante non è metallico o non ha una durevolezza dichiarata dal costruttore.
Il test è passato se il dispositivo mantiene il carico e non inizia a scorrere.
Gli ancoraggi a zavorra si possono muovere a seguito di un arresto caduta.
Il fattore spostamento è importante, è previsto dalla norma.
Ma la norma non da un limite… dice solo che lo spostamento va misurato e che non deve essere tale da far scivolare il dispositivo oltre il bordo di caduta.
Quindi, di quanto si sposta e in quanto spazio è in grado di arrestare la caduta, deve essere dichiarato dal costruttore.
Ne consegue che il costruttore deve dichiarare anche a quale distanza minima dal bordo può essere installato il suo dispositivo.
E’ possibile trovare misure diverse in base alla presenza o meno di un cordolo perimetrale, di un parapetto o in base al tipo di materiale della superficie di appoggio.
Su quali superfici è possibile installare ancoraggi a corpo morto.
Valutando la prestazione in base al rapporto combinato tra peso e attrito, ecco che diventa importante che il costruttore dichiari con quali tipi di superficie il dispositivo è compatibile.
Prima condizione in assoluto, la superficie deve essere in grado di sostenere il peso del dispositivo e la pressione che esso esercita.
Poi deve essere orizzontale: nel manuale si troverà l’indicazione della massima inclinazione ammissibile del piano di appoggio che, vi svelo già, non supera quasi mai i 5° (tranne in un caso che poi vedremo).
Quindi no, sui tetti inclinati è molto difficile che si possano utilizzare, sono dispositivi più adatti a tetti piani o soppalchi.
I costruttori indicheranno uno o più tipi di superficie sulle quali hanno eseguito i test come, ad esempio, cemento, membrana bituminosa o poliolefine.
Vi anticipo già che non è facile trovare la parola “ghiaia” o “gravel”.
I costruttori più attenti vi indicheranno anche se i test sono stati eseguiti solo su superfici asciutte o anche bagnate.
E’ importante saperlo se per esempio si ha intenzione di usarlo dopo una pioggia.
Quattro ancoraggi a corpo morto reperibili sul mercato italiano.
Questi dispositivi a zavorra li consigliamo soprattutto a quelle aziende specializzate in manutenzioni di impianti tecnologici installati sulle coperture industriali o civili piane.
Manutentori ad esempio di impianti di condizionamento, impianti fotovoltaici o solare-termici su coperture o lastrici solari privi di dispositivi anticaduta collettivi e/o permanenti.
La scelta del modello più adatto si basa principalmente su fattori come:
- velocità e semplicità di trasporto in quota;
- praticità e rapidità di installazione e impiego;
- dimensioni di ingombro e distanza minima dai bordi ammissibile;
- compatibilità con la superficie del piano base e le condizioni meteo;
Vi direi anche il prezzo ma questo dipende direttamente dai 4 fattori sopra elencati.
Vi descrivo 4 tra i dispositivi più consigliati.
Tractel® Mobifor™

Il Mobifor™ di Tractel® è tra i capostipite degli ancoraggi a corpo morto made in Europa.
E’ anche uno dei più grandi sul mercato, ben 322 cm x 312 cm per circa 620 kg di peso totale.
L’anello di ancoraggio è dotato di assorbitore.
Oltre al fatto che Tractel® dichiara uno scostamento di 1 m in arresto caduta e quindi ne prescrive l’installazione ad almeno 2,5 m dal bordo.
Mentre quel metro sopra citato deve essere libero da ostacoli.
Fatti i dovuti conti, per ogni dispositivo ci voglio oltre 20 mq.
Ma grande non vuol dire necessariamente meno performante.
Le dimensioni sono infatti state appositamente studiate per fare meno pressione possibile sulla superficie di appoggio.
E’ quindi consigliato su quelle coperture cosiddette “fredde” ovvero con isolante ad alto spessore rivestito di guaina bituminosa, EPDM o poliolefine.
In questi casi, un dispositivo più piccolo concentrerebbe maggiormente il peso destabilizzando il manto impermeabile.
La struttura è costituita da 4 bracci a croce in acciaio zincato mentre le zavorre sono costituite da 24 piccoli blocchetti in cemento, dal peso di 25 kg ognuno.
Quindi facilmente trasportabili a mano e l’assemblaggio di tutto il dispositivo non prevede l’uso di chiavi inglesi o cacciaviti.
Il Mobifor™ è corredato di un manuale così dettagliato da permettere ad ogni tecnico di fare tutte le micro e macro valutazioni tecniche e dimensionali.
Qui il manuale e qui il certificato
Corpo Morto TIPO E di Aesse Vita

Aesse Vita srl, azienda toscana di grande esperienza, offre un dispositivo sempre a 4 bracci e sempre con zavorre di cemento ma di dimensioni più contenute.
I bracci, innanzitutto, sono in alluminio e le dimensioni totali sono 215 cm x 215 cm con un peso totale di 375 kg.
La scheda tecnica ci dice che le zavorre sono composte da 20 blocchetti di calcestruzzo del peso di 18 kg l’uno che forse peccano un po’ in ergonomia.
Manca l’indicazione di pressione superficiale che potrebbe essere un problema sulle coperture fredde.
E’ comunque compatibile con una grande varietà di superfici come cemento, PVC e guaina bituminosa ad esclusione di quelle ardesiate con scaglie non aderenti (logorate).
Aesse VIta fornisce però chiare indicazioni per poterlo utilizzare anche su superfici in ghiaia o in terra (tetti verdi), ovvero interrando le zavorre per almeno 10 cm.
La distanza minima ammissibile dai bordi del terrazzo è di 2,5 m ma misurati dal centro del dispositivo.
Per l’assemblaggio in copertura è necessario dotarsi di chiavi inglesi in quanto i bracci vanno imbullonati all’ancoraggio centrale.
Questo è costituito da una torretta collassabile (a deformazione) disponibile in varie altezze.
In poche parole, un buon dispositivo per situazioni standard con un ottimo rapporto qualità/prezzo.
Ancoraggio con zavorre in elastomero riciclato Weight Angel Safety System.

L’azienda olandese Bettersafe® offre una soluzione estremamente compatta con ingombro in pianta di soli 120 cm di diametro per 300 kg di peso.
Per consentire questo, il dispositivo ovviamente si sviluppa verso l’alto: è infatti alto quasi 50 cm (contro i 25 cm di Aesse Vita e i 16 di Tractel).
Inoltre ha un anello di ancoraggio con assorbitore integrato racchiuso in una campana di alluminio.
I pesi di zavorra non sono ne in cemento ne in ghisa ma sono dischi realizzati con uno speciale elastomero riciclato.
Sono 3 dischi sovrapposti divisi in 4 spicchi, ogni spicchio pesa 24 kg.
Ognuno con la sua bella asola per una facile impugnatura che ne facilita il trasporto a mano.
L’altra cosa interessante che propongono, è l’utilizzo delle zavorre come base per una Linea vita a cavo flessibile, ma utilizzabile solo per sistemi in trattenuta (come dichiara sulle loro schede tecniche).
Dispositivo compatibile con tutte le membrane e il cemento, specificamente testato sia su superfici asciutte sia bagnate.
Qui la scheda tecnica.
EcoAnchor, dispositivo con zavorra ad acqua.

Gli ancoraggi a corpo morto EcoAnch2or (il gioco di parole con il simbolo chimico dell’acqua H2O è voluto da costruttore) della britannica CheckMate sono dispositivi che meritano di essere segnalati per la loro concezione.
Ma che hanno costi a mio parere importati e vantaggi non sempre chiari e/o sfruttabili in cantiere.
Un ancoraggio EcoAnchor è una sacca ad alta resistenza, riempibile con acqua.
Vuota pesa poco più di 11 kg mentre riempita arriva a 400 kg per un ingombro di 1,45 m x 1,45 m.
Questo significa che quando non utilizzata può occupare pochissimo posto ed essere trasportato in uno zainetto.
Una volta riempito è però un elemento monolitico non sollevabile a mano e quindi posizionabile solo con 2 modalità:
- o lo si riempie in quota, a patto che sul tetto ci sia una presa d’acqua;
- oppure lo si riempie a terra e lo si solleva in quota mediante gru e speciale imbrago certificato, venduto come accessorio;
La cosa che mi convince poco, è la certificazione che risponde ancora alla EN 795:1996 ma non ne ho trovata una più aggiornata.
Poi ci sono incongruenza tra quanto dichiarato in brochure e quanto riportato sul manuale, ma ne parliamo dopo.
Attenzione alla data di scadenza: essendo un DPI tessile, ha una scadenza di 5 anni dall’anno di produzione sempre che venga regolarmente ispezionata da persona competente.
Note positive e interessanti:
- il manuale consente l’impiego degli ancoraggi a corpo morto EcoAnchor su molte tipologie di superficie con inclinazione fino a 15°;
- sulle brochure sembra che due dispositivi possano essere utilizzati come estremi per una linea vita flessibile temporanea EN 795 Tipo C ma, leggendo il manuale, non si parla di compatibilità con linee vita Tipo C bensì con linee vita verticali EN 353-2… che è comunque positivo e interessante.
- il produttore fornisce accessori utili al sollevamento in quota come gli imbraghi da gru di cui abbiamo già parlato.
Per un acquisto coscienzioso, è necessaria una consulenza specifica.
Prima di decidere per l’acquisto di ancoraggi a corpo morto, è necessario valutare bene gli scenari di lavoro e gli spazi disponibili.
- Si valuti un ancoraggio Tipo E soltanto se la rapidità e la durata dell’intervento, in relazione alla morfologia del cantiere e alla presenza o meno di strutture portanti, non consentono di utilizzare sistemi collettivi e/o permanenti;
- Se in quota vi è la giusta tipologia di superficie e spazi sufficienti all’installazione di ancoraggi a corpo morto;
- E’ tecnicamente possibile portare e piazzare in quota un ancoraggio a zavorra?