Normative, tecnologie e soluzioni tecniche permanenti adatte a proteggere contro il rischio di cadute dall’alto per impianti fotovoltaici – seconda parte.
È importante sapere abbinare i dispositivi di protezione collettiva permanente ad ogni tetto con impianto fotovoltaico o altro tipo di impianto. Solare e non.
I dispositivi protezione collettiva mal dimensionati e i dispositivi poco idonei, oltre a compromettere la sicurezza di installatori e manutentori, possono accorciare la vita del tetto e interferire con il funzionamento dell’impianto fotovoltaico.
Per non parlare delle conseguenze legali e sociali dell’avere un sistema non idoneo.
Vediamo insieme quali sono i sistemi di protezione collettiva permanenti contro le cadute dall’alto più adatti ai tetti fotovoltaici.
Il presente articolo è il proseguimento dell’articolo già pubblicato dal titolo “Anticaduta tetti fotovoltaici: scegliere il sistema migliore.
Premesse su distinzione tra provvisori e permanenti
Prima di tutto facciamo una distinzione tra DPC (dispositivi di protezione collettiva) provvisori e DPC permanenti.
Per provvisori si intendono quei dispositivi che:
- si installano prima dell’esecuzione dei lavori o delle manutenzione, la cui installazione stessa deve essere fatta in sicurezza;
- che sono concepiti e costruiti per essere rimossi a conclusione dell’intervento, sempre in sicurezza;
- forniti e gestiti in genere dall’impresa utilizzatrice (l’installatore o il manutentore dell’impianto fotovoltaico sul tetto, ad esempio);
La disciplina sulla scelta e l’impiego di sistemi provvisori (ponteggi o impalcati, parapetti e reti anticaduta) è ampiamente discussa su tutti i siti e i forum che parlano di sicurezza cantieri, non riteniamo poterla affrontare in maniera più esaustiva nelle nostre pagine.

Un parapetto temporaneo in rete – un’applicazione speciale by Retificio Reti Brembo
Per permanenti, si intendono tutti quei dispositivi pensati e dimensionati per una determinata copertura sulla quale rimangono anche quando non sono in corso interventi di manutenzione o montaggio:
- i dispositivi di protezione collettiva permanenti sono in genere del proprietario del fabbricato (fabbrica, casa o condominio) e spetta a lui (o all’amministratore) la corretta manutenzione;
- a differenza dei dispositivi temporanei, sono pensati per rimanere esposti per lunghi periodi (più anni e cicli stagionali) alle condizioni meteo e ambientali del sito di installazione;
- la cui manutenzione è in genere legata al ciclo manutentivo dello stabile.
I dispositivi di protezione collettiva permanenti sono più sicuri dei sistemi provvisionali temporanei?
Il grado di sicurezza dovrebbe essere lo stesso ma, considerando altri fattori, possiamo dire che in molti casi i dispositivi permanenti sono più sicuri dei sistemi provvisori.
Questo per un paio di semplici ragioni:
- l’installazione si esegue una volta sola e in questo modo si espongono meno i lavoratori ai rischi derivanti dall’installazione degli stessi;
- sono più ergonomici ovvero più facili da impiegare perché in genere nascono da uno studio ad hoc, sia in termini di dimensionamento sia in termini di scelta dei materiali, anche in relazione alla durata nel tempo.
Di contro è facile dimenticarsi che ci sono e quindi di fare regolare manutenzione o accorgersi di eventuali malfunzionamenti se non al momento in cui si accede al tetto… e a volte è troppo tardi.

I parapetti permanenti per i tetti fotovoltaici
I parapetti permanenti proteggono i bordi del tetto fotovoltaico (o della porzione di tetto su cui è installato l’impianto fotovoltaico) impedendo ai lavoratori di cadere oltre il bordo.
Come spiegato ampiamente nell’articolo Parapetti a norma NTC 2018 o parapetti a norma UNI EN 14122-3, la scelta prioritaria per una copertura con accesso ai soli scopi manutentivi dovrebbe essere un parapetto progettato ed installato secondo D.lg 81/2008 e secondo le Norme Tecniche di Costruzione NTC del 2018 (D.M. 17/01/2018).
Soprattutto perché questi hanno condizioni più restrittive rispetto ad altri tipi di parapetto, devono sopportare maggiori carichi.
Un parapetto con prestazioni in linea con la UNI EN 14122-3 dovrebbe essere destinato solo in ambito industriale, a protezione di chi accede su macchinari o parte di essi.
Premesso tutto ciò, è difficile definire un tetto con un impianto fotovoltaico come un macchinario o porzione di macchinario. Soprattutto se l’impianto FV occupa tutta o buona parte della superficie della copertura.
Anche i Regolamenti Regionali non lasciano adito a interpretazioni: vedi ad esempio il sito della Regione Toscana che alla voce “parapetti fissi”, nemmeno la menziona la UNI EN 14122-3.
Scelte alternative al parapetto permanente NTC 2018
Parlando di parapetti permanenti, con i parapetti NTC-18 esiste una questione strutturale.
Siccome questi pretendono strutture e vincoli con una resistenza superiore, cosa installiamo se la struttura non è abbastanza resistente?
O peggio, se non esiste proprio una veletta o un cordolo perimetrale sul quale tassellare un parapetto?
Passiamo direttamente ad installare un sistema di ancoraggio tipo linea vita permanente o rimaniamo sui collettivi?
Una linea vita, anche se ben progettata, mantiene tutta una serie di rischi residui che riconducono sempre a preferire i sistemi collettivi, magari anche se questi sono “meno robusti o di tipo autoportante zavorrato (leggi: non verificabile strutturalmente secondo le NTC perchè non vincolato alla struttura).
Mettiamo il caso, appunto, di non poter avvitare niente ma di avere comunque una base d’appoggio sufficientemente grande, portante e a bassa inclinazione per un parapetto zavorrato, come i tetti piani impermeabilizzati con guaina.
Scelgo questi ultimi o, siccome non posso tassellare gli NTC, installo una linea vita?
Sono valutazioni da fare in base alla conformazione del tetto, del tipo di manto e dell’impianto fotovoltaico su di esso. Anche in base ad altri fattori quali la frequenza di manutenzione prevista, il livello di preparazione del manutentore, ecc. ecc.
L’importante è che la scelta non sia determinata solo dalla maggiore economicità di un parapetto a norma UNI EN 14122-3 quando si potrebbe installare un parapetto NTC.
Che poi, con le tecnologie di oggi e la maggiore offerta sul mercato, le differenze di prezzo si sono notevolmente ridotte.

Ma allora perché si fa spesso riferimento alla UNI EN 14122-3?
Perchè D.lgs 81/2008 e NTC non forniscono specifiche per i parapetti ma ne determinano solo il grado di resistenza.
Mentre la norma EN 14122-3, pensata per l’accesso macchinari, è la prima norma tecnica che fornisce i riferimenti dimensionali e le funzioni di tutti i componenti, facilitandone la prefabbricazione e il commercio.
Sono quindi, da sempre, i più facili da reperire e già pronti presso tanti fabbricanti di sistemi anticaduta o di sistemi di accesso ai macchinari (vedi gli scalifici industriali).
È così che si è diffuso l’uso di parapetti UNI EN 14122 anche per i tetti.
Solo in periodi successivi, quando qualcuno ha cominciato a far notare, appunto, che un tetto non è un macchinario, alcuni produttori di parapetti hanno iniziato a modificare i loro prodotti. Sempre mantenendo le indicazioni dimensionali della 14122 ma con resistenze e prestazioni in linea con le NTC.

Quindi, esistono anche parapetti prefabbricati secondo le NTC?
Certo che esistono, prodotti dagli stessi prefabbricatori e spesso del tutto identici ai parapetti EN 14122-3 tranne per alcuni dettagli. A volte nemmeno quelli.
Ad esempio, alcuni produttori forniscono un solo tipo di parapetto ma con schemi di montaggio diversi (vedi il passo tra i montanti o il numero di fissaggi alla base) per rispettare l’una o l’altra norma.
Altre volte, cambiano solo uno o due elementi, come ad esempio la piastra di fissaggio a parete o a pavimento: 4 fori per una verifica secondo NTC, 2 fori (che vuol dire piastra più piccola e più economica) per rispettare la 14122.
Se ve lo state chiedendo, sì, con soli 2 tasselli è molto difficile che un parapetto resista agli sforzi richiesti dalle NTC.
Il resto lo devono fare il progettista e l’installatore.
Il primo deve progettare e verificare strutturalmente il sistema:
- sceglie il tipo di parapetto, su un catalogo di un prefabbricatore/costruttore o ne progetta di sana pianta tutti gli elementi;
- pianifica la disposizione di questi, su base valutazione dei rischi fatta a monte;
- decide tipo e numero di ancoranti come viti o tasselli chimici in base alla struttura di supporto;
- verifica se quest’ultima è in grado di sopportare gli sforzi generati da un parapetto secondo i carichi dettati dalle NTC (o eseguire collaudi strutturali in situ);
- quando questa scelta non verifica, magari sceglie per un 14122 tassellato o autoportante;
- rilascia relazione tecnica da integrare nel fascicolo di copertura, nel progetto dei sistemi di protezione permanente.
L’installatore deve:
- eseguire l’installazione secondo indicazioni dimensionali del tecnico progettista;
- fissarli come indicazioni dello strutturista, impiegando esattamente gli ancoranti scelti sul supporto individuato;
- assemblarli seguendo alla lettera le istruzioni del costruttore (manuale installatore);
- rilasciare la dichiarazione di corretta posa.
In caso di necessità di modifiche in fase di installazione, le modifiche spettano ai progettisti.

Cavetti d’acciaio al posto dei correnti: il problema dell’ombra sui moduli fotovoltaici.
Un pannello fotovoltaico è costituito da celle in silicio collegate in serie. La corrente elettrica passa attraverso le celle come un flusso. L’ombreggiamento di una sola delle celle della serie crea come una “strozzatura” sul flusso. Il risultato è che tutto quel pannello produce quanto la cella ombreggiata. Con conseguente riduzione di produzione di tutta la stringa (un certo numero di pannelli collegati in serie)
Immaginatevi ora un parapetto costituito da almeno 2 correnti orizzontali, uno ogni 50 cm, e da tanti montanti verticali alti almeno 1,10 metri (come da UNI EN 14122-3). Se questo parapetto è a sud rispetto ai moduli fotovoltaici, proietta un’ombra a griglia su almeno una stringa dell’impianto fotovoltaico.
Per scongiurare questo, il parapetto dovrebbe essere ad almeno 2,5 metri dalla stringa più vicina. Con conseguente riduzione di spazio disponibile per l’impianto fotovoltaico la cui produzione è direttamente legata alla superficie occupabile, all’inclinazione e all’orientamento rispetto i punti cardinali.
Quindi i parapetti sono “odiati” da chi deve progettare l’impianto con la massima resa possibile.
Il parapetto con i cavetti per non fare ombra potrebbe non essere a norma.
L’ignoranza applicata male ai tetti fotovoltaici, confusa con la furbizia, ha generato parapetti autocostruiti con un numero di montanti casuali (uno ogni 3 o 4 metri) e dei cavetti d’acciaio al posto dei correnti.
Questi sistemi È DIFFICILE DEFINIRLI PARAPETTI: non garantiscono protezione proprio perché i cavetti non sono elementi sufficientemente rigidi da impedire una caduta attraverso di essi.
Per impedire la caduta, i correnti dei parapetti possono infatti deformarsi solo di pochi centimetri, o meglio millimetri (vedi tabella precedente sulle deformazioni ammesse). Un cavetto d’acciaio, per non deformarsi al centro, dovrebbe avere una tensione tale da strappare tutti i montanti.
A memoria, ad oggi non abbiamo ancora trovato un parapetto con cavetti e tenditori che risponda a qualche normativa anticaduta sul lavoro
Nella terza parte, parleremo delle varie tipologie di dispositivi di protezione collettiva esempi da abbinare ai tetti fotovoltaici.