Partire dal DPR 177 del 2011 per mappare gli spazi confinati o sospetti di inquinamento e stabilire le procedure di accesso, regresso e soccorso.
Il dpr 177 è attualmente l’unica norma a cui fare riferimento anche se abbiamo altri strumenti con cui lavorare come le definizioni di ambienti confinati di INAIL, ISPESL, OSHA e NIOSH.
In questo articolo, scritto anche grazie all’esperienza dei tecnici e soccorritori nostri partner, cercheremo di spiegare come utilizzare tali strumenti normativi per:
individuare e mappare gli ambienti confinati;
identificare il personale adatto al lavoro negli spazi confinati;
stabilire un piano di formazione e addestramento;
definire le procedure di accesso e regresso;
stabilire un piano di recupero e soccorso in emergenza;
individuare le attrezzature necessarie;
Interpretare il DPR 177 del 2011 e capire gli spazi confinati.
Art. 1
Finalità e ambito di applicazione
Dell’Articolo 1, analizziamo il punto 2 che è forse il più interessante ai fini delle operazioni di lavoro e soccorso in sicurezza.
Il presente regolamento si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo.
Cominciamo quindi con l’analisi dell’Art. 66 del D.lgs 81/2008
Articolo 66 – Lavori in ambienti sospetti di inquinamento
È vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei.
Questo articolo di legge, riportato nel testo unico, è stato scritto nel 1956 dove, a seguito del boom economico e della ricostruzione di un’Italia post bellica, si sono visti i pericoli derivanti dal lavorare in ambienti con particolari difficoltà di accesso ed eventuale presenza di gas e altre sostanze pericolose.
Si sono quindi cominciati a definire i primi divieti di accesso senza adeguati controlli preventivi.
Si è stabilito subito che il pericolo poteva derivare sia dalla conformazione fisica degli ambienti, con difficoltà di accesso e movimento, ma anche altri ambienti e recipienti dove sia possibile la presenza di gas o atmosfere deleterie.
Si è cominciato anche a dire che, prima dell’accesso, si deve verificare la salubrità e risanare e bonificare l’atmosfera.
Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione.
In questa parte del secondo comma, si sono identificate subito alcune indicazioni di procedure di sicurezza.
Nel ‘56, la cintura di sicurezza era il cinturone da legare in vita, adesso sappiamo che dobbiamo utilizzare imbracature certificate.
Vediamo quindi che una prima indicazione è stata quella che il lavoratore all’interno di uno spazio confinato doveva avere sempre l’imbracatura indosso, ci doveva essere una vigilanza costante dall’esterno, si dovevano prevedere “ove occorra… apparecchi di protezione” (che oggi interpretiamo come maschere isolanti e autorespiratori o maschere di evacuazione).
L’apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.
Questa ultima frase ha avuto un “effetto storico” sulle dimensioni delle portelle di accesso in tutte le apparecchiature e macchine industriali dal secondo dopoguerra in poi.
Infatti, chi produce serbatoi e altri contenitori sa che un’apertura in un contenitore è un punto debole che va compensato con rinforzi strutturali del serbatoio.
Rinforzi che si traducono in maggiori spessori di acciaio e maggiori costi.
Per questo, sul mercato si è identificato in una dimensione minima di 40×30 cm (sufficiente per le fisicità degli anni ‘50) il giusto compromesso tecnico economico nella produzione di contenitori e cisterne.
Queste dimensioni ridotte ce le siamo portate avanti per decenni ed oggi ci troviamo portelle di dimensioni minime di 30×40 cm ma anche inferiori, soprattutto in quei macchinari in cui inizialmente non si prevedeva l’accesso di nessuno, nemmeno per le manutenzioni.
La drammaticità di queste ridotte dimensioni aumenta se la portella non è né orizzontale, né verticale, ma obliqua…
L’Articolo 121 riporta e ribadisce alcuni concetti già visti nell’Articolo 66
Riporto solo alcuni passaggi significativi.
Articolo 121 – Presenza di gas negli scavi
Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici… ecc ecc [omissis]
Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici […] i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione […] collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all’esterno dal personale addetto alla sorveglianza… ecc ecc.
Possono essere adoperate le maschere respiratorie […] sempreché sia assicurata una efficace e continua aerazione.
Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o esplosivi, deve provvedersi alla bonifica dell’ambiente […]
Nei casi previsti dal commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere abbinati nell’esecuzione dei lavori.
Nello stesso modo, anche l’Allegato IV al Punto 3, riporta alcuni concetti visti già nell’Art. 66
3.1. Le tubazioni, le canalizzazioni e i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili, […] devono essere provvisti di aperture di accesso aventi dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi..
3.2.1. Prima di disporre l’entrata di lavoratori nei luoghi di cui al punto precedente, chi sovraintende […] deve, qualora vi sia pericolo, disporre efficienti lavaggi, ventilazione o altre misure idonee 3.2.2. Colui che sovraintende deve, inoltre, provvedere a far chiudere e bloccare le valvole […] un avviso con l’indicazione del divieto di manovrarli. (Lock-out and Tag-out o LOTO – N.d.A.)
3.2.3. I lavoratori che prestano la loro opera all’interno dei luoghi predetti devono essere assistiti da altro lavoratore, situato all’esterno presso l’apertura di accesso.
3.2.4. Quando la presenza di gas o vapori nocivi non possa escludersi in modo assoluto […] i lavoratori che vi entrano devono essere muniti di cintura di sicurezza con corda di adeguata lunghezza e, se necessario, di apparecchi idonei a consentire la normale respirazione.
3.3. […] si devono adottare cautele atte ad evitare il pericolo di incendio o di esplosione, ecc ecc.
Seguono altre indicazioni di sicurezza applicabili NON SOLO agli ambienti confinati come intesi oggi.
Possiamo pertanto, nell’Articolo 1 del DPR 177, stabilire dei punti fermi.
La conformazione dell’ambiente che presenta particolari difficoltà di accesso è un rischio.
L’accesso minimo ad un ambiente confinato deve poter garantire spazio sufficiente all’estrazione di un corpo inerme;
Il rischio può derivare, oltre che dalle difficoltà di accesso, anche dalla presenza di condizioni atmosferiche insalubri o pericolose o esplosive:
probabile presenza di gas nocivi;
probabile presenza di gas o sostanze esplosive;
carenza o mancanza di ossigeno;
Un ambiente, prima di un ingresso, deve essere analizzato, bonificato e si deve garantire la giusta ventilazione;
Un lavoratore che entra in un ambiente confinato non deve mai essere solo ma ci deve sempre essere almeno un’altra persona che controlla dall’esterno;
L’operatore all’esterno deve sempre mantenersi in contatto con il lavoratore all’interno e deve essere dotato di imbracatura;
Il lavoratore deve essere munito di adeguati dispositivi di protezione idonei al lavoro che tengano conto anche delle necessità respiratorie;
Definizioni di Ambiente Confinato o Sospetto di inquinamento.
A dare una definizione più chiara su cosa sia un ambiente confinato ci hanno pensato altri soggetti tra cui:
Come si qualifica, secondo il DPR 177, un lavoratore per gli spazi confinati.
Art. 2
Qualificazione nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
Qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei seguenti requisiti…
Notare la dicitura “ambienti sospetti di inquinamento O confinati…” pertanto qui è chiaro che possono sussistere tutte e due le condizioni o anche solo una delle due condizioni indipendentemente dall’altra.
integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi […], ecc. ecc.
integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell’articolo 21 […], ecc. ecc.
presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 percento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati […] ecc. ecc.
L’importanza dell’esperienza.
Deliberando che chi lavora in un ambiente confinato deve essere qualificato almeno da 3 anni, il problema è stato capire come qualificare i lavoratori di quelle aziende che si sono trovate ad intervenire in ambienti confinati prima dei 3 anni dalla pubblicazione del dpr 177.
Ecco qui che il punto (c) chiarisce che, se devo abilitare una squadra, almeno 1 componente su 3 deve avere un’esperienza triennale.
Una condizione importante atta ad evitare che aziende di nuova formazione, con personale giovane o senza esperienza, possano andare a lavorare in ambienti confinati.
Condizione abbastanza facile da attuare per quelle aziende che hanno sempre avuto al loro interno aree di lavoro che corrispondono alla definizione di “ambienti confinati o sospetti di inquinamento”:
aziende chimiche con reattori;
cartiere con pulpers ed essiccatori;
aziende vitivinicole con tini;
aziende agricole con silos e tramogge;
industrie petrolchimiche con serbatoi e cisterne;
aziende di manutenzione impianti idrici e fognari;
aziende di spurgo;
ecc., ecc.
Meno facile, se non impossibile, appunto, per le aziende di recente o nuova formazione a meno che non assumano il 30% dei lavoratori già qualificati da almeno 3 anni durante il precedente impiego.
La formazione secondo il DPR 177
L’articolo 2 prosegue con i punti (d), (e) ed (f)
avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto il personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività […]
possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative […]
avvenuta effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative […]
Per cui non ci si può esimere da far addestrare il personale, sia al lavoro, sia all’utilizzo degli idonei dispositivi di protezione individuale.
Anche il datore di lavoro, se lui stesso svolge attività all’interno di ambienti confinati o sospetti inquinamento, deve formarsi ed addestrarsi.
Art. 3 Procedure di sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati
Prima dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività lavorative […] tutti i lavoratori impiegati […] devono essere puntualmente e dettagliatamente informati […] su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività… […]
E’ necessario capire che per “procedure di sicurezza” si debbano intendere non solo quelle legate alle operazioni di accesso e regresso ma anche in relazione alle lavorazioni da compiere all’interno.
Saldare, tagliare, levigare, raschiare, ecc. ecc, sono operazioni con dei rischi specifici che, se portati all’interno di un ambiente confinato, si moltiplicano in maniera esponenziale.
Allo stesso tempo, un ambiente confinato, tende per sua natura a mantenere un residuo di rischio legato alle attività precedenti o alle sostanze contenute in precedenza.
L’esempio classico sono le manutenzioni in serbatoi svuotati da carburanti o altre sostanze che possono mantenere all’interno tracce o residui gassosi infiammabili o tossici.
Il datore di lavoro committente individua un proprio rappresentante […] per limitare il rischio da interferenza […] ecc. ecc.
Valutare sempre anche le interferenze di lavorazioni contemporanee all’interno dell’area dove si trova l’ambiente confinato in cui si deve lavorare.
Non solo le lavorazioni ma anche le procedure di sicurezza generali possono influenzare e/o compromettere le attività negli spazi confinati.
Ad esempio, se un’attività di manutenzione prevede l’interruzione della corrente in determinate aree, se tra queste vi è l’ambiente confinato, tale interruzione potrebbe interferire sul funzionamento dei ventilatori di bonifica o dei respiratori assistiti da un ventilatore esterno.
Se si lavora come manutentore esterno (presso ambienti confinati di clienti), è importante anche conoscere i segnali di allarme dell’azienda cliente e le procedure di evacuazione dello stabilimento.
Durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento O confinati deve essere adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati, comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco. Tale procedura potrà corrispondere a una buona prassi… […]
Infine, tutte queste procedure devono essere pensate prima e poi insegnate ai lavoratori che le attueranno non prima di essersi addestrati… compreso il sapere a chi telefonare in casi di emergenza.
Ecco quindi che il DPR 177 stabilisce che ci siano delle procedure ma non stabilisce nei dettagli quali debbano essere.
Stabilire le procedure di accesso, regresso e soccorso: il metodo “inverso”.
A questo punto, seguendo il DPR 177, un’azienda è in grado di:
Identificare e mappare gli ambienti confinati o sospetti inquinamento;
Valutare i rischi derivanti dalle condizioni dimensionali e di accesso di tali ambienti;
Determinare i rischi derivanti dalle condizioni atmosferiche di tali ambienti;
Correlare suddetti rischi ai rischi derivanti dalle lavorazioni stesse da eseguire negli spazi confinati;
Identificare e i lavoratori in grado di eseguire suddette lavorazioni;
Formare e informare di tutti i rischi, suddetti lavoratori.
Purtroppo, mancano ancora dei veri e propri strumenti normativi atti a stabilire fornire guide precise sulle procedure, i dpi e le attrezzature di accesso, sulle quali poter poi addestrare i lavoratori.
Questa è la parte più complessa per la quale, spesso, è necessaria la valutazione e l’intervento di specialisti addestrati al soccorso e recupero.
Perché è proprio dallo studio delle procedure di soccorso, determinanti in caso di incidente, che si riescono a stabilire in maniera efficace le procedure di accesso, lavoro e regresso.
Mentre sarebbe un errore grave partire dalle modalità di lavoro per poi studiare e adattare i dpi e le manovre per un eventuale soccorso.
L’errore più comune sulle procedure.
Poniamo l’esempio di voler stabilire delle procedure di lavoro, accesso e regresso da un ambiente confinato tenendo strettamente fede alle indicazioni del DPR 177:
è solo un esempio ma spero chiarisca il concetto.
Tendenzialmente si pone la maggiore attenzione sul corso formazione base e sull’attrezzatura di lavoro:
Il lavoratore deve essere formato? Gli faccio fare un corso di formazione generico sugli spazi confinati (ne ho visti anche di sole 4 ore), l’importante è che mi riporti a casa un attestato.
Deve essere munito di cintura di sicurezza? Chiamo il rappresentante della ditta di DPI e gli acquisto un’imbracatura, che costi il giusto perché tanto lavorerà in ambiente confinato solo pochi giorni l’anno. Già che ci siamo, compriamone una ad ognuno.
Devo avere un dispositivo per il recupero? Lo stesso rappresentante di prima mi dice che solitamente si usa un treppiede (che tra l’altro è quello che hanno fatto vedere al corso di formazione)… così, se viene “un’ispezione”, ce l’ho da farglielo vedere.
Serve anche un verricello? Di solito è “allegato” al treppiede, basta che sia “certificato” e dotato di cavo lungo abbastanza da scendere nel “mio” spazio confinato.
Problema gas? Acquistiamo un gas detector da “attaccare” all’imbracatura del lavoratore… il rivenditore mi ha assicurato che ci può pensare lui alla manutenzione (il bump test, questo sconosciuto…).
Il risultato finale è che le aziende che devono gestire ambienti confinati hanno tutte il tripode (treppiede), imbracature per i lavoratori, un gas detector (senza sonda e senza bump test) e un verricello.
Se invece partiamo dalla situazione più difficile, il soccorso in emergenza, le procedure di lavoro dovranno per forza plasmarsi ed adeguarsi per facilitare in tutti modi eventuali salvataggi.
Le casistiche sono innumerevoli ma ritengo di poter spiegare meglio questo concetto facendo alcuni esempi.
Un esempio su tutti: lavoro in un pozzo verticale.
Sembra la situazione più semplice e forse lo è ma solo se il pozzo non è molto profondo e il lavoratore all’interno deve rimanere a lavorare sulla verticale del punto di accesso.
Potrei far scendere il lavoratore con una scala, mantenuto sempre collegato al verricello, come un cordone ombelicale, e se succede qualcosa, lo recupero.
Ma se c’è un’atmosfera tossica stratificata sul fondo?
Avere il gas detector attaccato alla cintura potrà entrare in allarme solo quando l’operatore è già in fondo… forse quando è già troppo tardi.
Allora, magari, sarebbe stato meglio prevedere l’uso combinato del gas detector con una sonda da mandare in fondo al pozzo prima di entrare.
La scala quanto deve essere alta?
Oltre i 2 m, sono a rischio caduta dall’alto; allora mi servirà anche un anticaduta guidato o retrattile per l’operatore che scende ma anche un cordino con anticaduta per l’operatore che rimane fuori.
In caso di soccorso di emergenza.
Quindi verricello + anticaduta: e adesso cosa faccio?
Mantengo il lavoratore collegato ad entrambi? Potrei ma se l’operatore che sta fuori deve scendere a soccorrermi, anche a lui servirà un dispositivo anticaduta.
Allora che faccio, ne installo due?
Oppure faccio scollegare il lavoratore dal dispositivo anticaduta che poi recupero in modo che possa essere usato dal soccorritore?
Anticaduta guidato o retrattile?
Potrebbero andare bene entrambi ma il guidato su fune o un retrattile normale hanno la sola funzione di anticaduta mentre un retrattile con recuperatore potrebbe essere utilizzato al posto del verricello in caso di guasto (ridondanza della sicurezza).
Un soccorso potrebbe complicarsi ancora di più se, una volta in fondo al pozzo, il lavoratore deve spostarsi dalla verticale di accesso e magari addentrarsi in cunicoli o camere sotterranee.
In questo caso, lasciarlo collegato al cavo del verricello potrebbe intralciare i suoi spostamenti rendendo il lavoro più difficile e quindi anche meno sicuro.
Che faccio, lo faccio staccare?
Ok, potrebbe essere la soluzione migliore.
Però poi, nelle procedure, devo prevedere obbligatoriamente la discesa di uno o più soccorritori e magari una barella per trasportare il ferito sotto il pozzo di estrazione… o forse prevedere l’uso di un archetto per agganciarlo agli spallacci dell’imbracatura.
E in tutte queste casistiche di esempio non ho ancora preso in considerazione i casi in cui avvengono perdite di gas o sostanze pericolose impreviste: non ho ancora previsto autorespiratori per il soccorritore, autorespiratori di fuga, radio per intercomunicazione, ecc. ecc.
A tutto quello che ho scritto sopra, aggiungete le difficoltà di procedere con un treppiede in un ambiente confinato con accesso orizzontale.
L’importanza dell’esperienza nel soccorso
In 20 righe spero di aver dimostrato come sia INDISPENSABILE studiare e scrivere le procedure partendo dalla fine, cioè dal soccorso.
E come poi le procedure determinino il tipo di attrezzatura da impiegare ma soprattutto le manovre su cui addestrare il personale.
Sono tutte cose non scritte sul DPR 177 e che si ritrovano solo su alcuni manuali scritti da esperti soccorritori professionisti… raramente in italiano.
Intendiamoci, meglio farsi aiutare da uno specialista di sicurezza e soccorso negli spazi confinati, magari da uno specialista IN-SAFETY.
Se hai necessità di mappare gli spazi confinati e scrivere le procedure di accesso, regresso e soccorso, puoi contattarci.