Un elenco degli errori più ricorrenti nell’utilizzo di un sistema anticaduta o nella scelta e impiego dei DPI
Se parliamo di principali errori di utilizzo di un sistema anticaduta solitamente si ha a che fare con l’errata scelta o l’errato impiego dei DPI da abbinare.
Oppure con cattive e consolidate abitudini di un lavoratore che non ha ricevuto adeguata formazione.
O semplicemente non ha messo a frutto tutto quello che gli serve nella pratica o ha lasciato passare troppo tempo dalla formazione iniziale e se n’è dimenticato.
I principali errori nell’utilizzo di un sistema anticaduta che abbiamo potuto osservare, come specialisti e istruttori in anticaduta, sono fondamentalmente di 5 categorie.
Non confondiamoci con gli errori di progettazione di un sistema anticaduta di cui abbiamo parlato in un articolo precedente.
1 – Imbracatura indossata male.
L’imbracatura è una presa sicura per il corpo ed è uno dei 3 elementi fondamentali in un sistema di ancoraggio anticaduta (imbracatura-cordino-punto di ancoraggio).
Non curare l’imbraco, non indossarlo correttamente o non utilizzarlo come indicato sul manuale e sulle procedure può voler dire farsi molto male.
Questi i più comuni errori nell’utilizzo di un’imbracatura e le potenziali conseguenze:
- cinghie molto lente, soprattutto i cosciali: in caso di caduta le cinghie potrebbero sfilarsi dalla spalle oppure potrebbero dare delle frustate potenti in grado anche di aprire la pelle o… lo scroto dei maschietti;
- oggetti in tasca sotto le cinghie che, in caso di caduta, si potrebbero conficcare nel corpo del lavoratore o ferirlo in altro modo;
- utilizzo dell’anello sbagliato ovvero non adibito all’attacco del cordino anticaduta: abbiamo più volte visto operatori connettere il cordino anticaduta agli anelli laterali della cintura di posizionamento, all’attacco ventrale o addirittura alle asole di regolazione delle cinghie;
- altre volte abbiamo visto utilizzare solo uno dei due semi-occhielli che in alcune imbracature compongono l’attacco sternale e che portano l’indicazione A/2;
- imbracature indossate al contrario solo perchè “al dritto, l’anello dorsale è troppo alto e scomodo da raggiungere”…
A questi errori si rimedia solo con l’addestramento ma anche con maggiore controllo da parte del responsabile.
Spesso noi di IN-SAFETY® inseriamo nei fascicoli tecnici anche una procedura fotografica, passo per passo, di come si indossa l’imbracatura.
Magari da stampare in grande e da appendere laddove il lavoratore effettua la vestizione dei DPI.
Come si indossare correttamente un imbracatura, ammesso che sia stata scelta con cura, lo abbiamo spiegato nell’articolo “Come indossare correttamente un’imbracatura”, all’interno del quale ci sono, appunto, anche le slide passo-a-passo.

Tra gli errori di utilizzo di un’imbracatura, indossarla così è proprio il massimo del peggio.
2 – Errori di utilizzo o scelta del cordino o retrattile.
Ad un sistema anticaduta dobbiamo connetterci con un cordino anticaduta.
Se lo scopo è posizionarsi, si useranno i cordini di posizionamento.
Questo il postulato.
Che poi il mercato offra longe, cordini e dispositivi multi uso, questa è un bene per l’operatore.
Usare SOLO un cordino di posizionamento, generalmente normato secondo la EN 358, per connettersi ad un sistema anticaduta è un errore grave a cui assistiamo spesso.
Errore che può provocare gravi danni agli organi interni dell’operatore che dovesse cadere, paragonabili per certi versi a quelli che subirebbe arrivando a terra, morte compresa.
Un altro errore a cui assistiamo spesso è quello di impiegare un cordino anticaduta di tipo retrattile (EN 360) con un sistema anticaduta progettato a “caduta impedita” (vedi articolo “I principali 5 errori nella progettazione anticaduta e come evitarli”).
Uno perché un retrattile, che in inglese si chiama anche blocker, non impedisce la caduta o meglio, non si blocca prima che il lavoratore arrivi a sporgersi dal bordi di caduta ma solo dopo che questo è caduto.
E si blocca solo se la caduta ha una certa accelerazione.
Esattamente come avviene con le cinture di sicurezza dell’auto.
Un’altra conseguenza a questo tipo di caduta, infatti, potrebbe essere quella che il cavo del retrattile venga frenato, per esempio, dalla grondaia e non si blocchi.
Se frenato, potrebbe non entrare in tensione e non bloccarsi in tempo.
Due, perché la maggior parte dei sistemi lineari a cavo flessibile, le linee vita spesso impiegate su tetti o ballatoi, potrebbero non funzionare in abbinamento ad un retrattile a norma EN 360.
Molti produttori, per esempio, non le testano con i retrattili e ne vietano l’utilizzo combinato.
La flessibilità e l’elasticità di una linea a cavo flessibile potrebbe ritardare o addirittura impedire l’entrata in tensione del sistema e quindi ritardare o impedire del tutto il blocco del retrattile.
In altri casi si potrebbe verificare una sorta di “effetto yo-yo”: quando il blocker entra in azione ma l’operatore caduto rimbalza grazie all’elasticità del cavo flessibile.
Rimbalzando, cioè tornando verso l’alto anche per una manciata di centimetri, sblocca il retrattile e prosegue la sua caduta verso il basso.
Prima di scegliere un cordino è necessario studiare bene il manuale con le possibilità e i limiti segnalati dal produttore.
Se qualcosa non quadra o non ci da sufficiente certezza, meglio cambiare prodotto.
Come specialisti IN-SAFETY® e utilizzatori in prima persona, abbiamo una conoscenza dettagliata di moltissimi dispositivi dei maggiori produttori, oltre che l’accesso ai manuali prima ancora di acquistarli.
Non li acquistiamo e non li consigliamo mai prima di aver letto e studiato il manuale o prima di averli provati in prima persona.
3 – Mancanza di manutenzione dei DPI.
Ad un errato uso e ad una non corretta scelta, corrisponde spesso una cattiva manutenzione del DPI.
Possiamo definire diversi gradi di manutenzione e cura dei Dispositivi di Protezione Individuale anticaduta, ovvero di III^ categoria.
Per prima cosa, il corretto stoccaggio.
Le aziende che hanno una scorta di DPI da distribuire ai lavoratori, dovrebbero immagazzinarli nella maniera corretta seguendo le indicazioni del manuale:
- mantenerli all’interno della propria confezione (se sono nuovi);
- in un luogo asciutto;
- lontano da fonti di calore;
- non esposto ai raggi UV.
Nello stesso modo vanno riposti dopo l’utilizzo.
Al momento della consegna o prima dell’utilizzo, è necessario fare dei controlli, anche questi suggeriti sul manuale utente.
I controlli pre e post uso:
- verifica dell’integrità del DPI e dell’assenza di parti deformate o scucite
- funzionamento delle parti mobili quali chiusure dei moschettoni, funzionamento delle molle e dei cavi retrattili;
- ci mettiamo anche di controllare che il DPI sia quello corretto, tipologia e dimensioni:
Anche dopo l’utilizzo – o prima della riconsegna al magazziniere – bisognerebbe controllare che non abbia subito danni o che non abbia accumulato sporcizia deleteria per il DPI.
Periodicamente o anche solo dopo un turno di lavoro, il DPI andrebbe ripulito: un po’ di fango o della polvere, se lasciati all’interno di un dispositivo, potrebbero comprometterne il funzionamento al successivo utilizzo e accorciarne la vita.
Anche l’igienizzazione è importante.
Soprattutto di quei DPI che si indossano a contatto con corpo e vestiti come elmetti e imbracature.
Come igienizzare, lo abbiamo spiegato negli articoli “Imbracature in lavatrice: l’importanza della pulizia dei dpi dopo l’utilizzo” e “Sanificazione dei dpi anticaduta: le istruzioni dei produttori e perché è importante seguirle”.
In quest’ultimo abbiamo riportato le istruzioni dei maggiori produttori in funzione dell’attuale emergenza COVID-19.
Poi vi sono le ispezioni annuali obbligatorie.
Un DPI di terza categoria va ispezionato almeno una volta ogni 12 mesi.
L’ispezione deve essere fatta da persona esperta e competente che deve poi rilasciare il report di ispezione al proprietario del DPI.
Un ispettore dovrebbe avere l’esperienza e la capacità di valutare se il DPI è ancora in grado di proteggere il lavoratore o se va rimandato a revisione (dal produttore o in officina autorizzata).
Oppure se va messo fuori servizio, gettato e sostituito.
Incredibilmente, io stesso mi sono trovato ad ispezionare DPI “per la prima volta” dopo 12 anni (non mesi) dal loro acquisto.
Capita più spesso di quello che si pensi.
Sarebbe buona pratica affidare la gestione del proprio parco DPI a specialisti che offrano il servizio di reminder.
Soprattutto se questo parco è di notevoli dimensioni e con DPI acquistati in periodi diversi.
Ad esempio, gli specialisti IN-SAFETY®, ispettori ufficiali della maggior parte dei produttori di DPI sul mercato, utilizzano software gestionali specifici che permettono una completa digitalizzazione della documentazione relativa ai DPI: via la carta, mai più dimenticanze.
A tal proposito, leggi l’articolo “Gestione dpi grazie al software exteryo safety 4.0”.
4 – Errori di utilizzo o posizionamento di una scala portatile.
Il primo e più frequente errore è quello di utilizzare una scala portatile per l’accesso in quota come strumento di posizionamento sul lavoro.
Come abbiamo già scritto nell’articolo “Scale portatili: sicurezza e buone pratiche oltre la normativa”, le scale sono “attrezzature di lavoro dotate di pioli o gradini sui quali una persona può salire, scendere e sostare per brevi periodi. Permettono di superare dislivelli e raggiungere posti di lavoro in quota; possono essere trasportate e installate a mano senza l’ausilio di mezzi meccanici.” (fonte INAIL).
Anche se lo strumento è lo stesso, sarebbe bene rivedere le modalità di utilizzo a seconda se si usano per accedere in quota o come stazionamento in quota.
A parte questo, le cose più preoccupanti che si vedono sono:
- scale in appoggio con una errata inclinazione;
- appoggio a pareti o supporti verticali instabili;
- gravi errori di stabilizzazione alla base o appoggio su basamenti instabili;
- nessuna legatura o precauzione per evitare il ribaltamento all’indietro o laterale;
- scalate con una mano sola e con pesanti attrezzature nell’altra mano;
- nessun DPI anticaduta o di posizionamento (quando si impiegano come stazionamento in quota).
Anche qui, la giusta scelta dello strumento adeguato è una base fondamentale per evitare incidenti.
A questa deve seguire una buona formazione e addestramento.
Soprattutto se le scale devono essere impiegate abbinate all’uso di DPI anticaduta.

5 – Nessuna procedura di soccorso e recupero.
La bestia nera di qualsiasi sistema anticaduta.
Sono pochi i lavoratori addestrati ad eseguire una procedura di soccorso e recupero in quota.
Ancora meno i responsabili della sicurezza in grado di mettere a punto una corretta procedura di soccorso e recupero in quota o capaci a formare ed addestrare i propri lavoratori.
Quei pochi capaci, lavorano quasi tutti in piccole aziende specializzate in lavoro e posizionamento su fune.
Tra l’altro, è pensiero comune credere che una procedura di soccorso e recupero sia necessaria solo in caso di caduta.
Ne consegue che, se il sistema anticaduta è progettato a “caduta impedita”, si pensa non sia necessaria una procedura di questo tipo.
Come sarebbe meglio fare.
Cosa fare se un lavoratore si infortuna sul tetto, sul ponteggio o sul macchinario pur senza cadere, in maniera tale da necessitare – ma non essere in grado – di scendere rapidamente con le proprie gambe? Ad esempio un infarto, una frattura o una folgorazione?
Anche in questi casi si dovrebbe prevedere come recuperare un lavoratore per portarlo nella cosiddetta “area sicura” dove potrà essere preso in consegna dal SSN per l’ospedalizzazione.
Scrivere sulle procedure: in caso di infortunio chiamare il 115 o il 118 non è sbagliato ma denota una non completa valutazione dei rischi e un certo livello di approssimazione.
I Vigili del Fuoco , intervengono in media entro 15-20 minuti dalla chiamata… se non sono già impegnati in un’altra emergenza e se la location non è difficile da raggiungere.
Arrivati sul luogo dell’incidente, hanno bisogno di alcuni minuti per valutare la situazione e lo scenario, che non conoscono perchè è probabile che sia la prima volta che vedono l’area di lavoro, l’azienda o il cantiere.
Poi passano alcuni minuti per attrezzarsi e altri minuti ancora per raggiungere l’infortunato e portarlo in salvo, consegnandolo ai medici sull’ambulanza.
Se sommiamo tutti questi “minuti”, è facile superare abbondantemente i tempi massimi di intervento per dare una possibilità di sopravvivenza all’infortunato grave.
Cosa diversa è se un paio di colleghi dell’infortunato – che sono già lì sul posto, conoscono lo scenario e hanno già con sé l’attrezzatura necessaria al soccorso – possiedono quel minimo di addestramento per portare in area sicura il collega mentre sta arrivando l’ambulanza.