Insegnare le basi tecniche e pratiche dell’anticaduta partendo dai principi base per finire all’extrema ratio dei sistemi di ancoraggio.
Quando teniamo in nostri workshop sui sistemi di ancoraggio anticaduta industriale e spazi confinati, iniziamo sempre dalle basi che, in un gioco di parole che abbiamo assunto da un metodo USA, chiamato ABCD dell’anticaduta.
Sono il sunto di come noi specialisti procediamo, in seguito all’analisi di una situazione lavorativa e in base alla nostra esperienza, nell’individuare la soluzione che meglio si adatti al nostro cliente.
Puoi anche scaricare le slide del corso sui sistemi di ancoraggio compilando il modulo.

Slide N° 3 – i principi fondamentali dell’anticaduta, prima ancora delle norme
I principi base sulla sicurezza nei lavori in quota, prima dei sistemi di ancoraggio:
Prima di parlare di anticaduta, elenchiamo i principi base della sicurezza per i lavori in quota che sono:
- Evitare di lavorare in quota;
- Se non è possibile, limitare il tempo di esposizione al rischio di caduta;
- Proteggere il percorso di accesso in quota;
- Per proteggere il lavoratore, preferire sistemi di protezione collettiva;
- Quando i sistemi collettivi non si possono usare, utilizzare sistemi di ancoraggio che prevedano i seguenti 4 elementi:
- A – Un punto di ancoraggio certificato;
- B – Un’imbracatura anticaduta;
- C – Un sistema di connessione tra ancoraggio e imbracatura;
- D – Un sistema di discesa e recupero in caso di infortunio;
Principio 1: se possibile, evitare di salire in quota.
Quando e se possibile, non esporre il lavoratore al rischio di caduta facendolo lavorare al piano stabile o di campagna.
Alcuni esempi:
Installare o spostare le macchine esterne di ventilazione e/o condizionamento in una posizione vicino a terra o magari, nell’epoca della tecnologia, usare il più possibile sistemi di telecontrollo e diagnosi a distanza;
Automatizzare il sistema di chiusura dei cassoni dei camion o di altri mezzi di trasporto in modo da evitare all’autista o all’addetto al carico di salire sopra il pianale o peggio, sulle centine del copri-scopri;
Principio 2: se non si può evitare di salire in quota, limitare al massimo le operazioni da svolgere.
Limitare il tempo e lo spazio in cui un lavoratore si espone al rischio di caduta dall’alto.
Alcuni esempi:
Spostare a terra ogni possibile operazione di pre-assemblaggio di impianti da posizionare in quota e solo sollevarli mediante l’utilizzo di sistemi di sollevamento come verricelli o paranchi;
Progettare i percorsi nella maniera più ergonomica e sgombra da ostacoli possibile, evitando percorsi non lineari mediante l’uso di passatoie o scavalchi;
Principio 3: il lavoratore va protetto anche durante tutto il percorso di accesso in quota.
Il lavoratore viene esposto al rischio dal momento in cui lascia il piano stabile per salire al livello superiore. Va protetto anche nelle fasi di passaggio e di accesso.
Alcuni consigli:
Evitare il più possibile percorsi all’esterno, esposti alle intemperie.
Preferire, nell’ordine:
- scale inclinate permanenti a gradini munite di corrimano, meglio se con piani e superfici antiscivolo e/o antiolio (o anche antipanico);
- castelli di accesso provvisori o ponteggi, purchè calcolati e a norma;
- scale verticali permanenti con sistema anticaduta integrato (scale anticaduta) a due montanti, da utilizzare mediante l’uso di DPI anticaduta;
- scale verticali permanenti con sistema anticaduta integrato (scale anticaduta) a montante unico centrale, da utilizzare mediante l’uso di DPI anticaduta;
- scale verticali con gabbia, alla marinara, purché a norma e con i pianerottoli di riposo;
- scale portatili in appoggio da agganciare ad appositi ganci scala permanenti predisposti;
- scale portatili in appoggio da legare sul momento;
- con tutte le precauzioni necessarie, e corrette procedure e l’assunzione del rischio, utilizzare PLE certificate per lo sbarco.
- accesso mediante funi.
Prevedere un sistema di recupero infortunati anche dal percorso o sistema di accesso, con particolare attenzione ai sistemi di accesso verticali.
Fatta eccezione per i ponteggi e le PLE, evitare il più possibile le lavorazioni su superfici verticali in quota sfruttando come piano di lavoro il sistema di accesso (vedi lavoro su scala portatile).

Principio 4: proteggere i lavoratori in quota predisponendo e privilegiando sistemi collettivi come parapetti e/o ponteggi.
Anche la normativa cogente predilige i sistemi collettivi che, per principio e progettazione, garantiscono più sicurezza soprattutto in caso di scarso addestramento del lavoratore.
Alcuni consigli:
Con frequenza di accesso elevata e di carattere ordinario, utilizzare parapetti anticaduta permanenti;
Certificati secondo la NTC se si tratta di coperture;
Certificati secondo UNI EN ISO 14122-3 se si tratta di macchinari o su tetti limitatamente all’area necessaria al servizio di manutenzione dei macchinari su di essa;
Per lavori straordinari ma di lunga durata, utilizzare ponteggi o parapetti temporanei;
Proteggere punti luce o aperture sul piano di lavoro con parapetti, permanenti o temporanei secondo i principi generici come ai punti 1 e 2;
Nelle situazioni di cui al punto 3, quando non vi è possibilità di installare parapetti, e quando vi siano le condizioni tecniche e i tiranti d’aria necessari, allora usare reti anticaduta con relativa procedura di recupero e salvataggio;
Principio 5: scartate le prima 4 possibilità, utilizzare sistemi di ancoraggi anticaduta in abbinamento ai DPI e ad un buon addestramento.
Un sistema anticaduta è composto da 4 elementi fondamentali DA NON DIMENTICARE MAI e che possiamo riassumere con una sigla semplice da memorizzare:
A – ANCHOR POINT – punto di ancoraggio certificato
B – BODY HARNESS – imbracatura anticaduta da lavoro
C – CONNECTION – l’insieme di elementi di connessione tra A e B
D – DESCENT and RESCUE – discesa e salvataggio
A come Anchor Point (punto di ancoraggio).
Sebbene molti non se ne rendano conto, il punto di ancoraggio è forse la parte più critica di un sistema di protezione anticaduta.
E’ l’elemento a cui, in caso di caduta, il lavoratore rimane attaccato.
La sua vita dipende dalla sua resistenza e dalla resistenza della struttura a cui è fissato, soprattutto.
Le normative tecniche nazionali e europee richiedono che ogni ancoraggio sia in grado di sopportare e resistere a sforzi di almeno 12 kN per un operatore (circa 1200 kg).
Gli ancoraggi, per essere certificati dovrebbero:
- Essere prodotti da un fabbricante in rispetto alle norme tecniche di costruzioni e po certificati, in ordine di garanzie per l’utente:
- Certificati da ente terzo con prove presso laboratorio esterno accreditato;
- Certificati dal produttore sulla base delle prove presso laboratorio esterno accreditato;
- Certificati dal produttore sulla base di prove interne;
- Essere verificati in relazione alla struttura di supporto (sezione e lunghezza trav, tipo solaio, struttuta del macchinario) e al materiale base (acciaio, cemento, legno, lamiera grecata,, ecc. ecc.) mediante relazione di calcolo di ingegnere abilitato;
- Essere installati correttamente in conformità al manuale del produttore e alla relazione tecnica dell’ingegnere;
SOLO nel caso in cui il produttore lo prevede sul suo manuale, la solidità degli ancoraggi può essere testata mediante prove di trazione, anche queste identificate dalle istruzioni sul manuale utente;
Ogni altra forma di ancoraggio, modifica o interpretazione, rientra nell’assunzione delle responsabilità e nella valutazione dei rischi del datore di lavoro.

Tipologie degli ancoraggi
Gli ancoraggi da utilizzare nei sistemi di ancoraggio si dividono in due macro categorie:
- Temporanei: progettati e certificati per essere installati dall’operatore prima dell’uso ed essere rimossi dopo l’utilizzo.
- Permanenti: pensati per essere installati in maniera permanente e non rimovibile su strutture e coperture.
La differenza fondamentale tra i temporanei e quelli permanenti è che i primi sono a tutti gli effetti dei DPI e come tali dovrebbero essere di proprietà dell’azienda che li utilizza e ispezionati almeno ogni 12 mesi.
Da questa devono essere installati e poi rimossi dopo l’utilizzo.
I permanenti sono in genere di proprietà del proprietario dello stabile (o struttura o macchinario) su cui sono installati ed è lui che deve occuparsi dell’ispezione periodica e la manutenzione; li metterà poi a disposizione dell’operatore che li deve utilizzare, sia esso interno o esterno, con le modalità convenute. Rimangono fissi e non si devono rimuovere dopo ogni utilizzo.
A livello normativo, la distinzione tra permanenti e temporanei è solo in Italia.
Essi saranno a norma UNI EN 795/2012 se temporanei mentre saranno a norma UNI 11578/2015 se permanenti.
I sistemi di ancoraggio secondo le normative si distinguono in tipo:
A: Ancoraggi Puntuali (EN 795/2012 o UNI 11578/2015)
B: Ancoraggi Puntuali Mobili (EN 795/2012)
C: Ancoraggi Lineari Flessibili (EN 795/2012 o UNI 11578/2015) detti anche linee vita o lifeline;
D: Ancoraggi Lineari Rigidi (EN 795/2012 o UNI 11578/2015) detti anche rotaie;
E: Ancoraggi Puntuali a Zavorra (EN 795/2012) detti anche “ancore da tetto”;

B come Body Harness (imbracatura).
L’imbracatura è tecnicamente una “presa per il corpo”.
L’imbracatura anticaduta da lavoro deve essere full body ovvero completa di spallacci, diversa da certi imbraghi da scalata sportiva o da canyon che hanno solo la parte bassa, vita e cosciali.
Ogni suo elemento è progettato per resistere e per proteggere i lavoratori da gravi lesioni in caso di caduta.
Questi elementi generalmente sono:
- cinghie cosciali, in fettuccia semplice o imbottiti;
- cinghie spallacci, sempre in fettuccia, in alcuni modelli con pad imbottiti aggiuntivi;
- le cuciture delle cinghie sono sempre minimo doppie, soprattutto dove si incrociano con altre cinghie.
- fibbie di regolazione con o senza “sgancio rapido”;
- punti di ancoraggio anticaduta (CE EN 361) che possono essere marcati con la lettere “A”:
- dorsali (all’incirca tra le scapole del lavoratore)
- sternale (davanti, più o meno all’altezza dello sterno)
- anello singolo (A)
- anello doppio da congiungere con connettore (A ½ + A ½)
Altri elementi dell’imbracatura, a seconda del tipo di lavoro, sono:
- Punti di posizionamento (CE EN 358) generalmente posti lateralmente, sui fianchi dell’operatore, abbinati ad una cintura a fascia che si posiziona sopra l’osso iliaco;
- Punti anticaduta ventrali (CE EN 361);
- Punto di progressione per fune di lavoro (CE EN 813) nelle imbracature per lavoro e posizionamento su funi.
- Anelli porta attrezzi, intorno alla cintura o sugli spallacci;
Versioni particolari per lavori speciali:
In alcuni ambienti e per alcuni tipi di lavoro, esistono imbracature anticaduta con caratteristiche speciali che si differenziano per particolari materiali e/o accorgimenti
Senza entrare nel dettaglio delle normative specifiche, tra queste ci sono imbracature con:
- Jacket alta visibilità integrato;
- Cinghie anti fiamma;
- Isolamento dielettrico;
- Anti-scintilla, adatte agli ambienti ATEX;
- Per lavoro con baie di carico;
- Con vestibilità adatta alle donne;
- Protezioni specifiche per lavoro su tralicci metallici;
- Imbracature per operatori sopra i 100 kg.
Un’imbracatura deve essere indossata correttamente: deve essere della giusta taglia e regolata sulla persona.
E’ fondamentale che sia sempre in buone condizioni e va lavata regolarmente.
Non si dovrebbe mai usare un’imbracatura con fettucce tagliate, sfilacciate, bruciate, sporche di morchia o vernici o altrimenti danneggiate.

C come Connectors (cordini, connettori e dissipatori)
Sono tutti gli elementi che compongono la catena di connessione tra l’imbracatura e il punto di ancoraggio.
Si dividono in due macro categorie:
- Anticaduta
- Di posizionamento
La differenza sostanziale è che i primi hanno uno o più elementi di dissipazione delle energie che servono a ridurre le forze nocive che si sviluppano durante una caduta e che si possono trasmettere al corpo del lavoratore o al punto di ancoraggio.
A loro volta, i dispositivi anticaduta si possono suddividere in:
- fissi;
- regolabili;
- retrattili;
I dispositivi di posizionamento, in genere, non sono adatti ad evitare o limitare i danni da caduta ma sono molto utili per mantenere una posizione sicura ed evitare di cadere.
Ogni dispositivo di connessione è composto, a sua volta, da tre elementi distinti che possono variare a seconda dell’uso, della qualità o del produttore:
La longe o cavo, di lunghezze dai 90 cm fino a 40 o più metri, che a sua volta può essere in:
- fune semistatica, ritorta o in kernmantel (fibre parallele rivestite da calza tessile intrecciata);
- fettuccia tessile, statica, elastica o su avvolgitore retrattile;
- acciaio, fissa o su avvolgitore retrattile;
I connettori (moschettoni), in acciaio o in alluminio, che a loro volta sono di diverse dimensioni e con sistemi di chiusura diversi (minimo due movimenti):
- connettori o moschettoni a ghiera (screw) che si chiudono a molla e si bloccano avvitando
- autobloccanti a due, tre o quattro movimenti;
- a doppia leva (con sicura dorsale);
- a maglia rapida che non hanno un gate a molla ma un dado che si serra a vite, adatti a connessioni fisse o semi-permanenti (vedi ad esempio i connettori terminali dei retrattili, lato avvolgitore);
Il dissipatore (assorbitore) di energia:
- tessile con cedimento progressivo delle cuciture;
- meccanico costituito da particolari ingranaggi e frizioni, solitamente all’interno dei dispositivi anticaduta retrattili;
- con sistema ad attrito progressi su fune o cavo (anticaduta guidati)

D come Descent & Rescue (discesa e salvataggio)
Bisogna sempre considerare la situazione peggiore: anche se il sistema anticaduta è stato progettato con tutti i criteri, l’errore e la caduta sono sempre in agguato.
In caso di caduta, i datori di lavoro devono prevedere un piano e una procedura di soccorso e recupero.
Nel lavoro, l’emergenza non dovrebbe esistere.
I soccorritori del servizio sanitario, della protezione civile o dei Vigili del Fuoco si trovano ad operare spesso in situazioni sconosciute o imprevedibili.
Hanno generalmente un’attrezzatura e una preparazione che permette loro di arrivare sulla scena dell’incidente, valutare la situazione e decidere sul momento come intervenire.
Questo non può succedere sul posto di lavoro: una buona valutazione dei rischi deve obbligatoriamente porre il datore di lavoro davanti alla necessità “procedurizzare” di un piano di recupero e salvataggio, nella peggiore situazione prevedibile.
Nel caso dei lavori in quota, questa situazione è la caduta di uno o più lavoratori, nel punto più lontano (o più difficilmente raggiungibile) con ferito privo di sensi: in questo caso, il soccorso diventa una questione di vita o morte che può avvenire in pochi minuti.
In alcuni casi, i lavoratori possono auto-salvarsi e iniziare una discesa controllata a terra con speciali dispositivi di autoevacuazione a norma CE EN 341.
Più spesso però potrebbero essere necessari dispositivi di soccorso e l’azione di uno o più soccorritori addestrati per riportare i lavoratori in posizione sicura.
I principi del soccorso e recupero degli infortunati sono i seguenti:
- Se c’è, avverto la squadra di soccorso aziendale;
- Altrimenti, avviso subito il soccorso sanitario e/o i VVF (vigili del fuoco);
- Nell’attesa, metto in atto la procedura di recupero come da addestramento, ma solo dopo aver valutato che:
- il ferito sia in una situazione reale e imminente di pericolo di vita, tale da non poter attendere i soccorsi;
- non metto a rischio la mia vita;
- non sia a rischio la vita dei miei compagni;
I fondamentali nella progettazione e pianificazione di un sistema di ancoraggio anticaduta.
- proteggere il lavoratore dal punto di partenza fino al punto di accesso in quota;
- mettere in sicurezza tutta l’area di lavoro;
- impedire al lavoratore di sporgersi e cadere privilegiando il lavoro in trattenuta o a caduta impedita;
- limitare al minimo indispensabile l’impiego di DPI diversi (semplificazione)
- ridurre al minimo il numero delle operazioni di ancoraggio e posizionamento (meno operazioni, meno rischio di errore).
Se non posso evitare la caduta, verificare quanto segue:
- il tirante d’aria libero (che nello spazio minimo di arresto caduta non vi siano ostacoli contro cui impattare);
- il fattore di caduta (fattore di caduta basso = minore shock di arresto);
- Fattore di caduta 0 (zero) = ancoraggio sopra il punto di attacco dell’imbracatura con cordino della lunghezza minima;
- Fattore di caduta 1 = ancoraggio alla stessa altezza dell’attacco dell’imbracatura con caduta pari ad 1 volta la lunghezza del cordino;
- Fattore di caduta 2= ancoraggio posto più in basso rispetto all’attacco dell’imbracatura e caduta per una distanza fino a 2 volte la lunghezza del cordino;
- effetto pendolo o traslazione laterale rispetto al punto di ancoraggio durante la caduta con pericolo di impatto al suolo o su ostacoli laterali;
Elmetto protettivo sempre in testa e bene allacciato.
Il lavoratore in quota è esposto anche a rischi collaterali quali ad esempio la possibilità di sbattere la testa durante la caduta e/o nelle fasi immediatamente successive.
Per questo è necessario che il lavoratore indossi sempre l’elmetto protettivo a norma CE EN 397, con laccio sottogola ad apertura garantita non superiore 25 kg di forza.
Ne abbiamo tratto delle SLIDE che possono essere utilizzate nei corsi di formazione ai propri dipendenti e allievi.
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