Attrezzare e organizzare una procedura di soccorso e recupero da un serbatoio atmosferico a tetto galleggiante di una raffineria.
Un serbatoio atmosferico a tetto galleggiante è una grande struttura metallica al cui interno vengono stoccati liquidi come oli grezzi, nafte o benzine che, a determinate condizioni ambientali, possono sprigionare vapori.
E’ composto principalmente da due elementi, il bacino e il tetto galleggiante.
Quest’ultimo è definito galleggiante proprio perché poggia direttamente sul liquido contenuto all’interno del serbatoio e sale e scende automaticamente in base all’aumento di volume del liquido all’interno del bacino.
Volume che può variare a causa della quantità ma anche della temperatura e quindi della pressione.
Quando il volume contenuto è basso, si abbassa anche il tetto all’interno del bacino che diventa il fondo di una vasca.
L’accesso alla sommità del bacino e al ballatoio sulla corona è tramite scale esterne.
Si accede al mediante una scala basculante collegata al ballatoio superiore.
Questa scala poggia sul tetto stesso, su ruote che le permettono di aumentare o diminuire la propria inclinazione in base all’altezza del tetto.
Ciò che sarebbe tetto diventa spazio confinato.
Sia per il possibile sospetto di inquinamento che per la difficoltà di raggiungere un eventuale infortunato, specialmente con il tetto basso e quindi la scala d’accesso molto inclinata.

Cristiano Bianchi – O.L.G. Team – specialista e co-founder IN-SAFETY®
I problemi che può avere un serbatoio atmosferico a tetto galleggiante.
Da uno studio condotto sugli incendi e sversamenti avvenuti in circa 2500 serbatoi in tutto il mondo nell’arco di 15 anni (Studio Lastfire – Large atmospheric storage tank fires – 1997 e 2005), si rileva che i principali incidenti sono stati causati da:
- guasti o inclinazioni anomale del tetto;
- sovrariempimento;
- guasti al sistema di drenaggio dell’acqua piovana abbinati a precipitazioni intense;
- malfunzionamenti o rotture dei cassoni di galleggiamento;
- fulmini;
- elettricità statica.
Per impedire e prevenire gli incidenti e i guasti sopra elencati, un serbatoio atmosferico a tetto galleggiante necessita di:
- mantello di tenuta (tra il bacino e il tetto galleggiante);
- sistema di allarme per eccessiva o anomala inclinazione del tetto;
- sensori di allarme e blocco automatico per altissimo livello;
- sistemi di drenaggio;
- bocchelli di campionamento e in/out prodotto;
- agitatore;
- impianto di messa a terra;
- sistema di rilevamento incendi (con cavi termosensibili),
- apparati di continuità elettrica tra tetto e pareti del serbatoio;
- messa a terra.
Mentre per intervenire e limitare i danni, le misure di protezione generalmente adottate sono costituite da sistemi di raffreddamento alle pareti, sistemi schiumogeni fissi (nella corona) e/o sistemi mobili per lo spegnimento degli incendi.
Tutto quanto elencato sopra, si trova in una vasta area al cui interno è presente anche il rischio atmosferico dato dalla possibile presenza di H2S.
La garanzia che tutto quanto sopra descritto sia in perfetto stato di funzionamento è data dalle attività di ispezione e manutenzione periodica che il personale preposto effettua anche con ingressi e controlli proprio sul tetto galleggiante.
Manutenzione di un serbatoio atmosferico a tetto galleggiante.
Le grandi dimensioni (fino oltre 60 m di diametro per più di 20 m di altezza), l’esposizione agli agenti atmosferici, inquinanti e il complesso dei meccanismi di stoccaggio con tutti gli apparati di prevenzione, protezione e intervento, richiedono frequenti ispezioni e una costante manutenzione.
Ispezioni e manutenzioni affidate sia a personale interno che ad aziende esterne specializzate, i contractors.
Questi operatori si trovano spesso a dover salire sia sulla corona del bacino (la parte sommitale dotata di un ballatoio) ma anche all’interno, ovvero sopra il tetto galleggiante.
Su questo, devono ispezionare anche i numerosi cassoni che garantiscono il galleggiamento del tetto: angusti spazi ispezionabili solo visivamente da un passo d’uomo spesso di ridottissime dimensioni.

Le condizioni di soccorso e recupero da un serbatoio atmosferico a tetto galleggiante.
Nella valutazione dei rischi che riguardano il soccorso e recupero da serbatoio atmosferico a tetto galleggiante, si possono configurare due condizioni principali:
- a bacino pieno o comunque quasi pieno, se il ferito è sopra il tetto o sul ballatoio della corona, incosciente o incapace di muoversi autonomamente, bisognerà prima portarlo sul ballatoio e poi calarlo all’esterno del bacino, per un’altezza che può superare anche i 25 metri;
- a bacino vuoto o parzialmente vuoto, il tetto si abbassa anche di oltre 20 metri rispetto alla corona superiore e il ferito si trova all’interno di un ambiente confinato di difficile accesso anche per i soccorritori.
Le grandi dimensioni e le distanze che si percorrono all’interno del tetto, unitamente alle geometrie piuttosto complicate e la presenza di ostacoli all’interno, non consentono in alcun modo una procedura di lavoro con operatore costantemente collegato ad un sistema di recupero.
Senza contare il rischio di cadute e scivolamenti che potrebbero provocare dei traumi all’operatore all’interno.
Non è quindi applicabile la procedura di recupero verticale “no-entry” (OSHA 1910.146).
Sarà invece necessario che un idoneo numero di soccorritori qualificati (almeno 2 o 3) accedano al tetto con i DPI di protezione del caso per procedere alla movimentazione, previa eventuale immobilizzazione dell’infortunato, e trasporto dello stesso all’esterno tramite scala, nel caso 1, e nel sollevamento sul ballatoio superiore mediante sistema di recupero, nel caso 2.
Le procedure di Soccorso e Recupero elaborate.
Dall’interno del tetto al ballatoio superiore
Nel pianificare un lavoro all’interno del tetto galleggiante di un serbatoio si deve tener conto di numerosi fattori.
primo tra questi è il contenuto del serbatoio stesso ed i relativi vapori che potrebbero essere presenti.
Il petrolio greggio, ad esempio, è ricco di Acido Solfidrico (Solfuro di diidrogeno – H2S), gas che come noto ha caratteristiche di elevata pericolosità anche a bassissime concentrazioni e che può inibire i recettori olfattivi rendendolo di fatto inodore.
Di certo l’accesso al tetto di un serbatoio di petrolio greggio dovrà prevedere l’uso di specifici DPI di protezione delle vie respiratorie, oltre a rilevatori portatili di gas, specialmente nei casi in cui si debbano ispezionare i cassoni interni al tetto.
Dispositivi di protezione che dovranno essere sempre a disposizione delle squadre preposte al soccorso d’emergenza.
La possibile presenza di vapori nasconde anche un ulteriore importante rischio, quello dell’esplosività.
Anche in questo caso rilevatori portatili di gas, attrezzatura elettriche certificate ATEX, utensili antiscintilla e indumenti antistatici sono precauzioni fondamentali.
Nel redigere la procedura per un eventuale intervento di soccorso all’interno del tetto, come accennato nel capitolo precedente, sarà fondamentale valutare il livello di inclinazione della scala d’accesso, ovvero il riempimento del serbatoio.
Così da definire se sia possibile l’estrazione mediante barella trasportata manualmente sulla scala dai soccorritori.
Una scala che disegni un angolo all’appoggio al serbatoio superiore ai 30-40° comincia ad essere di difficile percorrenza.

Con tetto del serbatoio alto e scala leggermente inclinata.
Se ci troviamo nelle condizioni di percorribilità della scala possiamo prevedere una procedura di recupero di tipo orizzontale con movimentazione manuale dell’infortunato fino al ballatoio, mediante l’utilizzo di una barella.
Per l’uso della barella sono necessari minimo 2 o 3 soccorritori all’interno del bacino.
Può essere utilizzata una barella di tipo rollabile, dispositivo molto versatile, previa l’eventuale immobilizzazione, se ritenuta necessaria.
Con tetto basso e scala interna fortemente inclinata.
Qualora l’inclinazione della scala sia tale da non renderla facilmente percorribile, la procedura da redigere diventa più complessa poiché vi sarà una componente verticale da considerare.
Questo passaggio ha richiesto la partecipazione di O.L.G team, specialista IN-SAFETY® che, insieme ad Emergency Global Consulting, ha effettuato alcune valutazioni ed individuato dei dispositivi che di seguito andremo a descrivere.
La maggiore criticità nella gestione del recupero verticale è data dall’assenza di un punto di ancoraggio idoneo al quale collegare un sistema di recupero che permetta il sollevamento dalla superficie del tetto ed il superamento del parapetto di protezione fino a raggiungere il ballatoio.
Da questo poi, occorrerà trasportare fino a terra l’infortunato con le modalità che andremo ad analizzare in seguito.
In molti siti industriali e raffinerie, la realizzazione del punto di ancoraggio al quale collegare il sistema di recupero è gestita mediante il montaggio di opere provvisionali come ponteggi di vario tipo.
Queste opere provvisionali, oltre agli elevati tempi e costi di realizzazione, richiedono il ogni volta un progetto e la verifica dei relativi carichi non essendo un punto di ancoraggio con certificazione EN 795 Tipo B.
In altre realtà la criticità è stata gestita mediante il montaggio di strutture di recupero fisse come bracci davit e relative basi di fissaggio che però hanno dimostrato, anche a causa della presenza di sostanze corrosive, un alto livello di usura oltre ad un elevato costo.
L’idea di IN-SAFETY® ed Emergency Global Consulting è stata invece quella di individuare un sistema di recupero completamente amovibile composto da una base di fissaggio, un braccio di idonea lunghezza ed un verricello da installare in pochi minuti prima dell’inizio di ogni attività.
Garantendo così un bassissimo livello di usura e la possibilità di utilizzare lo stesso dispositivo su un numero illimitato di postazioni.
Il tutto con la garanzia delle certificazioni EN di legge di ogni componente.
La specifica base di fissaggio, individuata da IN-SAFETY®, permette il fissaggio alla lamiera del serbatoio stesso, sulla quale si innesta il braccio completo di il verricello di sollevamento.
Il tutto composto da componenti dal peso inferiore ai 18 Kg che possono quindi essere trasportati ed installati manualmente.
Anche questa tipologia di procedura rende sempre necessario l’accesso al tetto dei soccorritori che provvederanno a movimentare l’infortunato fin sotto la verticale del braccio di recupero al quale potranno collegare una barella, un triangolo di evacuazione o l’imbracatura dell’infortunato stesso purché idonea alla sospensione in assenza certe tipologie di traumi.

Dal ballatoio superiore del serbatoio atmosferico a tetto galleggiante fino al piano stradale.
Posizionato l’infortunato sul ballatoio perimetrale superiore vi è poi l’esigenza di trasportarlo al livello stradale.
Anche in questo caso possiamo avere due opzioni di intervento.
La prima, in base alla dimensione e tipologia delle scale d’accesso esterne, è quella di trasportarlo manualmente tramite scala.
Anche in questo caso, una barella rollabile è una buona soluzione.
Questa manovra è sempre un po’ lenta e faticosa per i soccorritori oltre a sottoporre il barellato a numerose sollecitazioni.
Una seconda soluzione, che in molti casi è l’unica applicabile a causa delle scale strette e ripide d’accesso, è quella di proseguire la calata dall’esterno del ballatoio al livello stradale.
Modalità più rapida e meno faticosa per la quale può essere utilizzato il sopra descritto braccio di recupero purché in possesso di uno sbraccio di idonea lunghezza che permetta il superamento del ballatoio che talvolta è anche circondato da tubazioni dell’impianto antincendio.
E un verricello certificato anche per calare, non solo per recuperare (cambia la normativa)
Le prove e i test effettuate da IN-SAFETY® ed Emergency Global Consulting.
Data la particolare complessità dell’ambiente operativo, prima di confermare metodi e attrezzature, si è ritenuto necessario effettuare alcuni test sull’idoneità del braccio davit sul serbatoio atmosferico a tetto galleggiante.
Inizialmente, per le prove si è utilizzato un braccio davit di 75 cm con basamento mobile a morsa per paratie metalliche.
Purtroppo in alcuni serbatoi non si è rivelato sufficientemente lungo al superamento di parapetto e tubazioni dell’antincendio.
Si è quindi passati alla scelta di un braccio davit di produzione italiana con 120 cm di di sbraccio, compatibile e certificato per l’uso insieme allo stesso basamento per paratie metalliche.
E’ stato necessario anche testare il tutto insieme alla barella per verificarne ingombri e manovrabilità.
Nelle esercitazioni svolte da O.L.G. Team ed Emergency Global Consulting sono stati utilizzati una barella rollabile ed un manichino simulatore, sia per la fase di sollevamento interno che per quella di calata esterna.
La barella è stata sempre accompagnata da una fune di controventatura che ne ha garantito la stabilità e la distanza dalle strutture.
Dall’interno del bacino di contenimento al luogo di stazionamento dei mezzi di soccorso.

Ultima criticità da superare per portare a termine il soccorso è l’eventuale presenza di un bacino di contenimento attorno al serbatoio.
Il bacino di contenimento è una sorta di fossato esterno costruito con lo scopo di contenere eventuali sversamenti accidentali.
Non sempre l’ingresso e l’uscita di questa struttura sono molto semplici da percorrere con un infortunato barellato.
Talvolta vi sono scale strette e scomode finanche scale alla marinara.
Anche per gestire quest’ultima criticità è indispensabile valutare l’opzione di movimentazione manuale o quella di utilizzo di uno strumento di recupero verticale, indispensabile nei rari casi di presenza di una sola scaletta tipo marina.
Lo stesso braccio gru, ad esempio, ma installato all’esterno del bacino.
Anche qui ci sono diverse opzioni.
Una interessante è quella dell’utilizzo di un basamento applicabile al gancio traino dei mezzi di soccorso.
Un dispositivo mobile trasportabile rapidamente e pronto all’uso in pochi minuti.

Soluzione per soccorso e recupero da serbatoio atmosferico a tetto galleggiante approvata.
Ogni test è andato a buon fine: basamento, braccio, verricello, barella e manichino hanno funzionato egregiamente.
Si è riusciti a simulare un soccorso e recupero in pochi minuti sebbene quel giorno fosse molto caldo e fossimo vestiti di tutto punto con tute in tyvek, mascherine, elmetto, visiera, scappa scappa, imbracature, ecc. ecc..
I sistemi e le procedure messe a punto dai team congiunti di Emergency Global Consulting e O.L.G. Team permetteranno da qui in avanti, al personale della raffineria e ai loro contractor, di allestire i presidi di soccorso in pochi minuti senza dover ricorrere tutte le volte alla progettazione e all’allestimento di ponteggi e castelli di tiro provvisionali.

I consigli degli specialisti.
Due sono i punti strategici che permettono di gestire al meglio una eventuale procedura di soccorso e recupero: il sopralluogo preliminare e la condivisione della procedura redatta con tutto il personale coinvolto nelle attività previste definendo “CHI FA COSA” durante l’eventuale emergenza.
Ma anche affidarsi a degli specialisti in grado di trovare la giusta soluzione.
Articolo scritto da:
Emanuele Mazzieri
Coordinatore nazionale IN-SAFETY®
Davide Livocci
Tecnico formatore – Giornalista Pubblicista
Titolare Emergency Global Consulting srl
Foto e riprese di:
Cristiano Bianchi
Specialista e co-founder IN-SAFETY®
Titolare di O.L.G Team